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Grazia Deledda_Rubrica_”Le donne e la letteratura”

Grazia Deledda_Rubrica_”Le donne e la letteratura”

Scrivere è arte ed è mestiere, sfrontatezza e ambizione

___ Di Marta Carboni

Il 27 settembre 1871 nasce a Nuoro, in Sardegna, una donna destinata a segnare indelebilmente la storia della letteratura italiana.

Questa donna è Grazia Deledda, unica autrice italiana ad aver ricevuto, nel non troppo lontano dicembre del 1927, il Premio Nobel per la Letteratura, seconda al mondo solo alla svedese Selma Lagerlöf. Ma la Deledda ha tanti altri primati, non meno significativo è quello politico. Fu la prima donna a candidarsi alle liste radicali senza averne ancora il diritto. Ribelle e sfrontata ricevette comunque i suoi trentaquattro voti.

Al di là del Premio e del successo letterario, chi era Grazia Deledda? Una scrittrice di mestiere, certo, ma anche una madre attenta e una donna determinata che impose a sé stessa di diventare qualcuno, e ci riuscì:

Io ora sono piccola e umile” – scrisse ad Angelo de Gubernatis – “ma un giorno, io, sarò grande, è la mia coscienza che me lo dice.”

Una consapevolezza di sè quasi profetica, una forza d’animo atipica per le donne dell’epoca. Non aveva ricevuto un’istruzione adeguata, e questo lo sapeva bene, allora si impegnò, lei stessa si promise: “Studierò soltanto la lingua, perché la fantasia non mi manca“.

Così, suo figlio, la ricorda teneramente:

“Mia madre era una donna di piccola statura, di pura razza sarda, e come tutte le donne barbaricine aveva una statura raccolta, minuta. Aveva delle mani piccolissime, affusolate, diafane, che veramente ricordavano le mani di una piccola fata. A contrastare questa figura cosi minuta vi erano gli occhi che erano grandi e luminosi, con uno sguardo penetrantissimo. Noi figliuoli, questo suo sguardo, lo sentivamo nel nostro animo, quasi a frugare fra i nostri pensieri, i nostri sentimenti e qualche volta se c’era qualcosa che non andava bene o che nascondevamo, nostra madre, non so com’è, infallibilmente se ne accorgeva.”

La Deledda era profondamente legata alla sua famiglia, certamente ai figli, a suo marito Palmiro Madesani (amore della sua vita, primo ammiratore e sostenitore della sua arte), alla madre che scomparve prematuramente, e soprattutto al fratello Andrea; con lui, da ragazza, l’autrice attraversa la Barbagia sarda e selvaggia a cavallo, quella terra incontaminata, Elicona della sua prosa.

Il rapporto viscerale che la scrittrice nutriva con la sua isola ha ispirato ogni suo romanzo, perfino quelli di ambientazione romana che scrisse lontana da casa e che, non a caso, nascono dal confronto fra la Capitale e il suo paesino silenzioso. La prima, può farti sentire molto solo, abbandonato nella sua grandezza.

La sua prolifica produzione ci regala storie che ebbero un successo immediato: Canne al vento, primo fra gli altri, Edera, La Madre, Elias Portolu, La giustizia, Fior di Sardegna, Il Dio dei viventi ecc.. Le sue parole ispirarono numerosissime trasposizione filmiche di vari registi: Augusto Genina, Mario Landi, Febo Mari

Il suo successo si deve non solo all’abilità in sé dell’autrice, ma anche alla sua intelligenza e conoscenza del vasto pubblico di lettori: quello europeo e quello italiano. La Deledda consegnava romanzi d’argomento sardo, come Edera, prima ai francesi e ai tedeschi, e romanzi d’argomento, per esempio, padano, al pubblico italiano. Era una scelta editoriale ben pensata e lungimirante di un’autrice che conosceva i suoi lettori.

I suoi libri nutrivano l’anima di tutti, specialmente delle donne, con queste in particolare la Deledda creò una catena salda e robusta, di stima e rispetto, i cui anelli non erano altro che donne di cultura e di grande intelligenza. A testimoniare questo legame sono i carteggi con l’attrice Eleonora Duse, Ada Negri, Matilde Serau e Sibilla Aleramo. Non rimase esclusa neppure la regina Margherita di Savoia devota al genio e alla penna dell’autrice nuorese. Lei non le invidiava, le donne, e, soprattutto, non voleva essere invidiata. Un antagonismo che le era estraneo, un antagonismo che non capiva.

Grazia Deledda è una voce femminile che oggi, dopo tanto successo, sembra essere dimenticata e non godere abbastanza dei suoi meriti. Come sostenne Geno Pampaloni: nella carta millimetrata del Novecento – riassunto solo da rigidi schemi delle correnti del Verismo e del Decadentismo – la Deledda non collima mai.

Ed è questo che la rende, ancora oggi, unica.

Eva Barrett, celebre ritratto di Grazia Deledda.

Quando cominciai a scrivere, tredici anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti; se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora, se lo fa per la terza volta lascialo in pace, perché è un poeta.

Grazia Deledda.

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